Era il 31 gennaio, giorno in cui
si festeggia San Giovanni Bosco, il protettore di tutti i giovani. Nell’iniziare
l’avventura con i ragazzi, per me è sempre stato un punto di riferimento
fondamentale: mi colpiva soprattutto la sua ricetta per la santità, che
consisteva semplicemente nello stare allegri, fare il proprio dovere e fare del
bene agli altri.
Così in quel giorno tanto
importante abbiamo deciso di radunarci per ricordarlo, partecipando alla santa
Messa delle 18,30. Incredibilmente si realizzò quello che avevo solo sognato:
la cappella feriale che usavamo per pregare e che solitamente a quell’ora
ospitava un gruppetto di pie donne fedelissime, quella sera si riempì di
giovani. Eravamo talmente tanti che mancava l’aria. E non sto esagerando...
Anche se non tutti sapevano
rispondere alle invocazioni del Parroco e molti nemmeno conoscevano il vero
significato della messa, con i canti, l’entusiasmo e il loro “esserci” hanno
manifestato il desiderio di ringraziare don Bosco e Dio per I doni ricevuti.
Preso da tanta emozione pregai che mi desse una mano nell’educare quei giovani:
“Caro don Bosco amico della gioventù, aiutami a capire i passi di questo nostro
cammino. Io voglio bene ai ragazzi, ma non sempre mi è chiaro da che parte
andare”. Non erano parole a caso. Erano una vera e propria richiesta d’aiuto.
Col passare del tempo mi sono
accorto che le risposte arrivano: non come e quando lo vogliamo noi, ma al
momento opportuno arrivano.
Un giorno si avvicinò Manuel, il
ragazzo più grande del gruppo, che da pochi giorni era diventato maggiorenne.
Mi disse che desiderava iniziare il cammino per fare la Prima Comunione, perché
aveva ricevuto solo il Battesimo quando era piccolo. Voleva un aiuto più
grande, per non essere da solo ad affrontare le sfide della sua vita.
Qualche giorno dopo anche Habib mi
venne a parlare. Suo padre era cristiano, mentre sua madre, tragicamente
scomparsa nel tentativo di attraversare il Mediterraneo col classico barcone, era
musulmana. Prima di morire gli aveva detto che da grande avrebbe dovuto
decidere lui stesso quale fede scegliere. “Io vorrei vivere da cristiano”, mi
disse, “ma non so niente”. “Il segno di croce lo sai fare?” gli chiesi. Scossò
la testa. Allora glielo insegnai: “da oggi inizieremo un percorso, quando lo
avrai terminato sarai in grado di scegliere”.
Manuel e Habib mi confermarono
che il nostro stare insieme non era fatto solo per il calcio, la merenda o
l’avventura. Quelle erano solo una molla iniziale, che avrebbe portato a
tutt’altro. Pensavo alla cura della parte spirituale di ogni ragazzo, che di
solito si trascura solo perché non si vede e non si tocca.
Quella sera quando arrivai a
casa, presi il Vangelo di Marco del giorno seguente che diceva: “l’uomo getta
il seme e dorme; e il seme cresce, senza che lui sappia come”. Pensai a don
Bosco, mi venne da sorridere e una certa pace mi invase.
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