lunedì 7 febbraio 2022

ECCOMI - Tra sogno e realtà (Capitolo 3)

Siccome era molto stanco decise di andare a dormire. Però non riusciva a prendere sonno e iniziò a sognare ad occhi aperti. Immaginava battaglie, cavalieri e mostri incredibili. Fantasticava tra mondi antichi ed esplorazioni spaziali. Luca aveva appena 11 anni ed era un bambino sereno. Con tanta fantasia a disposizione. La carovana dei Cow boys stava disperatamente cercando di attraversare il fiume, ma aveva alle calcagna gli indiani pellerossa armati di archi, frecce e tomahawk. All’improvviso partirono i primi colpi di fucile… PEM-PEM...TOC-TOC... quando suo padre entrò in camera...

-Ancora non dormi?

-Non ho tanto sonno…

-Domani c’è la scuola.

-Lo so, ma non riesco…

Si mise a sedere sul letto poi si chinò e gli diede un bacio sulla fronte. Ormai Luca si sentiva grande e il bacio sulla fronte era la massima smanceria concessa. Poi sua padre aggiunse:

-Volevo dirti che ti voglio bene.

-Grazie pà, anch’io ti voglio bene.

-Adesso chiudi gli occhi sennò domani non ti reggi in piedi…

-ahàaaaawahhmmmmmmmehh

Partì automaticamente un grande sbadiglio, poi Luca si girò su un fianco e in men che non si dica era felicemente nel vero mondo dei sogni. Appagato. La notte durò pochissimo, perché verso le tre Corrado sbarrò gli occhi ed ebbe un sussulto. Il mostro arrivò all’improvviso, come se fosse uscito dall’armadio spalancando le ante. Avvertì prima un forte dolore al petto e intanto il cuore batteva così forte che sembrava dovesse uscire da un momento all’altro. Era come in trappola e si sentiva sempre più debole, non capiva cosa stesse accadendo. Brividi, nausea, sudore. Cercava di liberarsi, incatenato dentro al suo corpo che non rispondeva ai comandi. Non riusciva nemmeno a chiedere aiuto. Dalla sua bocca uscivano solo gemiti. I suoi occhi vedevano ombre. Poi un’onda di gelo fortissima lo prese e la sua mente andò altrove.

Sua moglie si svegliò di soprassalto. Vedeva il marito che tremava e soffriva, provava a chiamarlo, ma lui non rispondeva. Presa dal panico afferrò il telefono e chiamò l’ambulanza. Pronto, emergenza, mio marito ha qualcosa di grave sta male… non so che cavolo gli è preso… vi prego via Neruda, al 12 vi prego fate presto, mio Dio fate presto… signora arriviamo subito cerchi di stare calma… aiutatemi per favore, partite subito… signora stiamo partendo, saremo lì in pochissimo tempo… si, vi prego… fate presto.

Portarono via Corrado in un lettino.  Aveva gli occhi chiusi e una maschera di plastica in faccia, per aiutarlo a respirare. Era molto pallido. I sanitari si muovevano in fretta, parlavano molto poco, segno di grande preoccupazione per ciò che stava accadendo. Sua moglie piangeva cercando inutilmente di contenere le lacrime con le mani. Luca osservava la scena seduto sulle scale. Era ancora in pigiama, aveva quello di Spiderman. Non sapeva bene come comportarsi. Se andare a consolare la mamma o provare a fare qualcosa. Decise di non fare il super eroe, ma di stare fermo e guardare suo padre per l’ultima volta.

 Poche ore dopo, Corrado morirà in ospedale. Tutta colpa di una maledetta embolia cardiaca.

 Questa è una cosa che non puoi calcolare. E’ la vita che nella sua imprevedibilità ti sfugge di mano e decide di andarsene senza avvisarti. Neanche un colpo di tosse o esami del sangue strani, niente di tutto questo. Era sano come un pesce, nel pieno delle sue forze. Forte, solare, 45 anni, ma siamo solo di passaggio e il nostro destino è quello di abitare in un altro posto.

Il problema più che altro è per chi rimane. E le domande ti assaltano e ti chiedi dove sarà tuo padre adesso. Mi sente? Mi vede? Mi vuol dire qualcosa?

La domanda delle domande però è questa: come si vive dopo?

Si può far finta di niente e ricacciare tutto il dolore dentro allo stomaco, ma spesso ciò che reprimi trova una seconda via per manifestarsi. Si può persino odiare la vita e pensare che il sentimento sia reciproco. Oppure si può anche ricominciare passo dopo passo, riprendendo in mano le fila di un’esistenza segnata dal dolore. Luca per due anni ha vissuto come un funambolo appeso a un filo, in bilico tra direzioni opposte. Se ne stava in equilibrio precario, senza decidere se scendere, senza capire quando era il momento giusto per andare avanti. Si è isolato nel non senso, pensando continuamente a suo padre. A volte si vedeva persino morto, suicida, ma avrebbe straziato il cuore di sua madre, già duramente provato, quindi decise che no.

Da quel brutto giorno, ogni volta che Luca vede una farfalla bianca la saluta e le dice Ciao Papà. Lo fa da quando ha letto la leggenda del vecchio Takahama. Luca è appassionato di libri e ha simpatia per la letteratura orientale che è lenta e lo fa pensare a fondo. La leggenda è questa qui: c’era una volta un vecchio di nome Takahama che viveva in una casetta dietro il cimitero, circondato da ciliegi e con un piccolo fiumiciattolo che scorreva piano. Da molti era considerato un uomo strano perchè stava sempre da solo e non parlava mai con nessuno. Un giorno di primavera, quando l’aria era dipinta di petali rosa, Takahama si sentì male e fece chiamare sua sorella e suo nipote per salutarli un’ultima volta. Mentre osservavano il  vecchio che dormiva, una farfalla bianca entrò dalla finestra e si fermò sul suo cuscino.  Ogni volta che madre e figlio tentavano di allontanarla, la farfalla tornava. A un certo punto uscì dalla stanza e il nipote, di nome Takahamin, si mise a seguirla. Il ragazzo vide che la farfalla andò ad appoggiarsi su una tomba. Fece qualche giretto e improvvisamente  scomparve. Il giovane allora corse al sepolcro e lo osservò. Notò la scritta nera su marmo bianco che diceva Akiko. Morta quando aveva 18 anni. Takahamin tornò a casa e disse a sua madre ciò che aveva visto. Nel frattempo, Takahama morì. Quando la giovane madre sentì quello che era successo, il suo cuore si riempì di gioia. Akiko, sussurrò. Spiegò al figlio che quando era giovane lo zio era fidanzato con una bella ragazza che portava proprio quel nome. Pochi giorni prima del matrimonio, lei si ammalò e morì.  Il giorno del suo funerale, Takahama giurò che non avrebbe più guardato altre donne e fino alla fine della sua vita sarebbe vissuto vicino alla sua tomba per prendersi cura di lei. In tutti questi anni ogni giorno le portava fiori, ma negli ultimi momenti della sua vita non era più in grado di mantenere la sua promessa. Per questo l’anima di Akiko lo aveva raggiunto sotto forma di farfalla bianca.

E capita proprio così… che Luca è cresciuto ed è in motorino con le cuffiette, ascolta la radio e improvvisamente trasmettono questo pezzo di Brunori Sas. Il titolo del brano è Capita così. Lo ascolta per la prima volta, ma è un brivido. Accosta e scoppia a piangere. E anche tu che stai leggendo questa storia per un attimo dovresti accostare. Se vuoi capire cosa stava succedendo a Luca in quel momento, prima di andare avanti a leggere dovresti prendere questa canzone. Dovresti farlo davvero, non è uno scherzo. Caso mai un esercizio. Che tu la conosca o meno, apri un’applicazione del tuo telefono, digita il titolo e sarai pronto a iniziare questo viaggio di tre minuti e ventuno secondi. Trovata la canzone?

Segui le parole e lasciati trasportare dalla musica che va…

Capita così/ Che un bel giorno ti guardi allo specchio

E ti trovi più vecchio/ Di parecchio

Capita così/ Che ti affidi all'ennesima dieta

A un cantante che sembra un profeta

Che ti dice che bella è la vita

Anche se capita così/ Anche quando tuo padre scompare

Senza neanche avvisare/ E senza fare rumore

Senza darti un minuto per potergli dire/ Che gli hai voluto bene

E che ti manca da morire/ Anche se ormai sei grande/ E se sembri un gigante

Ma ti senti piccolo, minuscolo/ Ti senti ridicolo, sei ridicolo

Quando pensi che sei uno su sette miliardi

E che tanto comunque oramai è troppo tardi/ Oramai è troppo tardi

Perché capita così/ Ma non eri tu che il bello della vita

È riuscire a rientrare in partita/ Quando sembra finita?

Me l'hai insegnato tu/ Che la felicità non è una colpa

E che puoi tornare a ridere ancora/ Ancora una volta

Ma ti senti piccolo, minuscolo/ Ti senti ridicolo, sei ridicolo

Quando pensi che sei uno su sette miliardi

E che tanto comunque oramai è troppo tardi/ Oramai è troppo tardi

E accade il miracolo, è un miracolo/ Accade in un attimo, è un attimo

Una gioia che inganna di nuovo il tuo cuore

Che ti fa dire che in fondo alla fine andrà bene/ Che alla fine va bene

Anche se capita così...Anche se capita così...Anche se capita così...

 

Come va adesso? Come ti senti? Un vecchio filosofo diceva che la musica ha una capacità liberatoria perché è una forma di conoscenza libera e disinteressata. Per questo Luca ha pianto e forse anche tu l’hai fatto perché hanno vibrato delle corde intime, che risuonano dentro il tuo vissuto e appartengono solo a te, alla tua esperienza vissuta e vera. Magari ti è capitato di estraniarti dal mondo, come al cinema o hai pensato alla bellezza. Perché la musica esprime l’universo e chi ascolta viene trasportato nel mondo delle idee. La musica libera, ma è una liberazione breve. Non completa. Non risolve i tuoi problemi. Non fa tornare in vita le persone. Per cercare il senso alla vita ci vuole la vita. Non solo un pezzetto, la vita tutta intera, morte compresa.

Ed ecco il giorno in cui per Luca le cose cambiarono radicalmente, perché a volte basta una spinta per arrivare a una svolta. Era l’ora di religione, ma il prof non si decideva ad arrivare. Entrò un tale con la  barba, appena tornato dall’Africa. Alto, magro. Vestito normale, ma con i sandali, come una specie di missionario. Disse che l’ora era la sua e parlò a tutti, chiedeva i nomi, gli interessi, come riempivano le giornate. In generale i ragazzi non avevano un gran chè da dire. Nemmeno Luca si sbilanciò più di tanto, non è facile aprirsi davanti a tanta gente. Poi raccontò quello che aveva visto laggiù… le capanne, gli animali, la povera gente, la lebbra, i pozzi d’acqua, la sabbia, le lande infinite, i baobab, i bambini che spuntavano da tutte le parti… era andato per aiutare, costruire qualche casa, stare con i bambini, gli ammalati, per ritrovare se stesso, lasciando tutto.

Raccontò la sua avventura così… come un profeta… o come un poeta...

E’ finito il tempo del vivere a caso

o di aspettare la minestra pronta.

Il tempo dei giovani al bar,

seduti con i piedi sul tavolo a contare il tempo che passa con le carte in mano.

Il tempo di quelli che stanno a guardare la televisione come gli anziani al centro residenziale.

Se vivi così sei già morto.

La vita è una e ti è stata regalata.

Se la sprechi sei un pazzo.

Cosa c’è dopo non lo sai, lo puoi solo desiderare,

ma devi tenerti pronto, perché prima o poi finisce e non sai quando

Qual’è il tuo tesoro? Che cosa sogni?

Se non sogni devi iniziare a preoccuparti.

Se non hai trovato un tesoro devi farti delle domande urgenti.

Forse anche tu vivi come i sassi?

Stai lì. Fermo. Lasci che il tempo, le persone e gli agenti atmosferici ti calpestino?

Cosa ci stai a fare in questo mondo?

Cosa ci fai qui? Ma sopratutto da che parte vuoi andare? Da che parte vuoi stare?

Questo è il tempo per vivere da protagonisti. Non è domani, è adesso.

Domani sarai già troppo vecchio.

Dobbiamo vivere con gli occhi aperti, sennò il mondo ci porta via.

Non come dei supereroi infallibili, che non esistono.

Non come dei mentecatti sballati che non vedono dove mettono i piedi e cascano.

Non da indifferenti, perché basta, il mondo è già pieno di gente che non gliene frega niente.

Ragazzi, dovete inventare qualcosa di nuovo per lasciare almeno una traccia…

Cerco persone come me, che vogliono sognare una vita così...

 

Luca sentiva dentro di sé un fuoco. In un’ora si era innamorato. Era da tempo che aspettava un segno. Era arrivato. Pensò a suo padre e lo ringraziò, poi prese un foglietto di carta e scrisse con la penna. Si alzò e lo consegnò a quel signore con la barba. Si guardarono negli occhi. Luca disse soltanto: Eccomi.

 

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