-E adesso cosa gli dico a quei due?
-Che se ne vadano a fanc…
L’assistente si girò nervosamente sui tacchi e il gesto
fu così forte che impedì al maestro di concludere l’interiezione. Questi si
alzò di scatto, buttò giù d’un colpo il whisky con ghiaccio, si guardò allo
specchio e si disse “Luì, ma quanto sei bello!”
La sala era stracolma di gente che aspettava di
attaccarsi alle labbra dell’uomo che era considerato semplicemente il più
grande di tutti. Il teatro settecentesco, impreziosito da sfarzose decorazioni
floreali in sfumature azzurre, era l’ambiente ideale per accogliere in grande
stile Luigi Toffolo, il massimo esperto mondiale di matrimoni. Una dolce musica
rilassante alleggeriva l’atmosfera che si preannunciava indimenticabile.
Quando si abbassarono le luci tutti si ammutolirono e
iniziarono a prendere posto, cercando di sopprimere l’eccitazione provocata
dall’imminente ingresso dell’indiscusso protagonista.
Si fece buio, poi la sua voce squarciò il silenzio
portando calore ai cuori dei presenti e plasmando un’armonia perfetta, come
solo lui.
-Il matrimonio fa sognare perché è magico e noi tutti
abbiamo bisogno di magia.
Climax di luci sul fondo e partirono le note ritmate e la
voce fatata di Bruno Mars che con la sua “Marry you” fecero strada al
trionfale marcia di...
-Luigiiiiii Toffoloooooo!
Il delirio, applausi fragorosi, urla delle giovani future
spose, flash dei giornalisti a non finire e grande entusiasmo degli addetti ai
lavori che adoravano Toffolo perché tutti lo stimavano per quello che faceva e
tutti avrebbero voluto essere come lui.
Era il modello da cui prendere ispirazione. Il faro illuminante per
tutte le Wedding Planner che volessero definirsi tali. E intanto gli
altoparlanti continuavano a cantare Oh baby, I think I wanna marry you.
Mentre gli applausi continuavano a scrosciare copiosi,
mitigati solo dalla musica in sottofondo era possibile ammirare il Luigi
Toffolo nel suo perfetto stile: era considerato il re dell'eleganza nel mondo
della moda e sfoggiava sempre degli outfit impeccabili ma, allo stesso
tempo, incredibilmente stravaganti e originali. Nel suo guardaroba aveva
completi su misura di ogni tipo e modello, da quelli in velluto a quelli a
quadri, fino ad arrivare a esemplari con colori accesi, da indossare con il panciotto
o a doppio petto. Luigi, corpo asciutto e slanciato, era uno che curava sempre
i dettagli in modo maniacale: anche quella sera indossava calzini blu
perfettamente abbinati al completo in giacca e pantaloni, fazzoletto del
taschino e alla cravatta; portava guanti di pelle bianchi e occhiali da sole
alla moda, tutto perfettamente in linea con il suo stile da gentleman. Certo, i
suoi look erano perfetti solo per una star che, come lui, lavora nel mondo del fashion
e non potevano essere sfoggiati nella vita di tutti i giorni, ma non si può
certo dire che non fossero glamour e al passo con i tempi. Ancora una volta
dimostrava di sapere cosa significa avere uno stile elegante e raffinato.
Il microfono gli scendeva al lato della bocca. Luigi si fermò,
si tolse gli occhiali e li infilò in tasca molto delicatamente. Si chinò a
raccogliere una rosa bianca che qualche sua ammiratrice aveva lanciato sul
palco. La prese in mano. Fece per annusarla, ma impiegò il giusto tempo per
creare quell’attimo di attesa che solo un divo. Fu proprio un gesto da divo.
Poi parlò con la sua voce agile, che tendeva al femminile.
-Si doveva sposare dopo tre giorni. Mi manda un messaggio
all’una e mezza di notte e mi dice: Gigi, ho una crisi esistenziale, l’abito da
sposa non mi piace più, lo voglio cambiare.
E si mette a piangere come una bambina.
Il pubblico va in apnea.
-Sapete cosa le rispondo?
Il pubblico è letteralmente appeso.
-Amore mio, le dico per nulla sconvolto, io sono qua per
te, per realizzare il tuo sogno. Domani ne avrai un altro più bello.
E giù applausi...
Luigi era soddisfatto per come stavano andando le cose.
Nel suo intimo li odiava tutti quanti quelli che strillavano sotto quel palco,
plebei, ma il piacere di incassare l’assegno che avrebbe ricevuto da contratto
provocava una serie di piccole gioie che lo elettrizzavano. Esaltarsi per
quattro frasi ad effetto quando avrebbero continuato ad essere dei perfetti
sconosciuti per tutta la vita gli sembrava una cosa da idioti, ma lo pagavano
bene e questo bastava come stimolo per recitare una parte.
-Sapete perché vi adoro in questo momento? Lo volete
sapere?
-Siiiii
Rispose il pubblico in coro come le oche.
-Perché chi sceglie il mio stile per il proprio lavoro o
per il proprio matrimonio (chi se lo può permettere pensò) ha capito il mio
segreto, che è questo: io prima sono planner e poi sono wedding!
Applausi.
-Se volete che il vostro sogno si avveri e che sia
indimenticabile lo dovete programmare. Non bisogna dimenticarsi di niente,
questo è il segreto. Perché ci si sposa una volta sola…
Applausi e qualche risata perché forse quella era una
battuta maliziosa del guru.
-Organizzare un matrimonio significa creare un’alchimia,
un’armonia di colori, di profumi, di cibo, musica, luci. Creare il tutto con la
massima cura e fare capire che dietro c’è un pensiero, un fil rouge.
Qui Luigi fa un’altra breve pausa. E’ un campione di
comunicazione e gode nel vedere quando cascano tutti ai suoi piedi.
-Ogni volta che preparo un matrimonio mi emoziono. Dico
sempre questa: ci sposiamo in tre!
Il lavoro di Luigi era quasi finito. Per lui era come
levarsi un dente. Lo pagavano per parlare qualche minuto, firmare le copie dei
suoli libri e fare un po’ di selfie con i fan, al resto pensava tutta la
macchina organizzativa della sua società, la LUIGI TOFFOLO s.p.a. che non
perdeva occasione per firmare nuovi contratti, vendere gadget, agganciare nuovi
sponsor, lanciare nuove linee di abiti… in poche parole era il paradiso
dell’universo sposi e fatturava un bel po’ di euro per la grande gioia del
numero uno.
Quella sera erano accorse coppie di ogni tipo che in
vista del loro matrimonio avevano acquistato il biglietto per trarre spunto dal
maestro. Infatti proprio in quel momento partivano video dimostrativi, venivano
allestite scenografie istantanee, si materializzavano banchetti dove era
possibile chiedere informazioni di ogni tipo su qualsiasi tema, fare acquisti e
prenotazioni: chiesa o comune, parroco, corso prematrimoniale, scelta
testimoni, pubblicazioni, tipologia del ricevimento, budget, location,
invitati, abiti, scarpe, accessori, fedi nuziali, cuscino porta fedi,
parrucchiere, estetista, acconciatura e trucco, bomboniere, confetti, lista
nozze, regali, partecipazioni, letture e canti, coro, fiorista, bouquet, fotografo,
pranzo, riso, riso colorato, petali, cuoricini di carta fustellati, coriandoli,
bolle di sapone, confetti e chi più ne ha, più ne metta.
A quel punto la telecamera si staccò dal palco e iniziò a
girovagare tra il pubblico in platea. Inquadrò due giovani che si chiamavano
Renzo e Lucia. Il loro parroco, un certo don Rodrigo gli stava dando problemi;
girava voce che non li volesse più sposare. Poco più in là c’erano un certo
Albano e la sua Romina. Erano una coppia di vecchia data, che si era separata
in seguito a una forte crisi, ma dopo alcuni anni avevano deciso di tornare
insieme e si sarebbero risposati perché volevano ricominciare tutto da capo.
Coraggiosi no? La telecamera si spostò di lato e inquadrò due giovani dai
lineamenti anglosassoni e dal portamento quasi regale. Eh sì, davvero eleganti,
dicevano di chiamarsi William e Kate. Tutte persone un po’ comuni e un po’ no,
ma di certo affascinate dal grandissimo e pettinatissimo Luigi Riccio. Così
come Federico e Chiara, una coppia che sembrava diversa dalle altre. Lui, tipo
sportivo tutto pieno di tatuaggi, lei una biondina carina tutta acqua e sapone.
Tra loro parlavano poco, ma entrambi avevano la mania di postare video oppure
foto e condividerli con l’universo, mentre facevano cose: tipo fare boccacce,
andare al bagno, comprare oggetti, ridere senza motivi apparenti e via dicendo.
La cosa preoccupante era che non si capiva se vivevano nel mondo reale o in
un’altra dimensione.
E poi, in fondo alla grande sala, fuori dai riflettori,
seduti in un angolo c’eravamo noi. Io e te che a dirla tutta eravamo lì per
sbaglio. Non dovevamo esserci, se non fosse stato che mentre passeggiavamo per
strada ci era caduta in testa una pallina di carta e con grande sorpresa
avevamo scoperto che erano due biglietti per la serata di cui tutti parlavano
da giorni: porca vacca che fortuna, l’ingresso gratuito al grande show del
mitico Toffolo. Certo non avremmo mai e poi mai pagato cinquanta euro a testa
per entrare, ma siccome l’invito era piovuto dal cielo perché non dare
un’occhiata? Sarebbe stato come vincere alla lotteria, ma rinunciare al premio.
Allora eccoci in un angolo a ridere perché ci eravamo resi conto di essere
proprio nel posto sbagliato, ma al momento giusto.
-Allora amici – gridò il guru - finalmente è arrivato il
momento che tutti attendevate!
Tensione generale.
-Dichiaro aperta, la lotteriaaaaa!
Urla di giubilo.
-Per vincere un matrimonio da sogno organizzato insieme a
me!
Salì sul palco un bambino innocente vestito di bianco,
che aveva il compito di estrarre dall’urna il biglietto vincente, pescando tra
le ricevute dei ticket strappati all’ingresso del teatro. Dopo qualche istante
di suspance il suddetto bambino innocente infilò nella fessura la manina
paffuta che avrebbe decretato il vincitore dell’invidiatissimo e attesissimo
premio. Un attimo dopo, il biglietto arrotolato galleggiava tra due dita. Con
uno scatto da faina il Toffolo lo prese e lo soppesò sulle sue mani inguantate.
Lo aprì con estrema lentezza. Lo guardò intensamente e disse:
-numeroooo... oooohhhh… millequattrocentonovantadue!
Fragore in sala e migliaia di occhi che si guardavano
intorno per capire chi fosse la persona tanto fortunata da tornare a casa con
il grande premio finale.
Con la tensione di due bradipi anche noi tirammo fuori dalla tasca i biglietti. 1492 non è un numero qualsiasi, è l’anno della scoperta dell’America. Ma è anche il numero che stava impresso sul mio biglietto. Cazzo avevamo vinto. Ci guardammo fissi negli occhi col cuore che batteva a mille. Bastava alzare la mano per scatenare il finimondo e agguantare in un colpo solo le nozze che migliaia di sposi potevano solo sognare (a meno che non fossero stati vip milionari). Bastava un piccolo cenno per trovarsi faccia a faccia con l’ineguagliabile Luigi. Probabilmente visto da vicino avrebbe dato l’idea di essere uscito direttamente da una copertina di Vanity Fair: patinato e imbrillantato. Sicuro si era spruzzato un profumo così avvolgente da restarne stregati. Ci avrebbe preso per mano per presentarci al pubblico. Ci avrebbe maneggiato sul palco con una naturalezza tale che saremmo sembrati amici da una vita. Amicissimi. Era davvero irraggiungibile. Sembrava nato per fare ciò che tutti volevano che facesse: stupire!
Quel 1492 continuava a fissarci. Ci guardammo negli occhi e parlammo senza parlare. Noi l’America ce l’avevamo già e alla fine il biglietto tornò dentro la mia tasca.
Matteo Donati
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