giovedì 28 febbraio 2019

LA PARTITA - Capitolo 7/10 - Youness


Se vuoi incidere il cuore dei ragazzi devi proporre esperienze forti. La mediocrità e il qualunquismo si possono trovare ovunque: al bar, sui social, in discoteca. Anche l’amicizia e le gite in montagna devono avere un collante più forte, altrimenti prima o poi verrà a mancare qualcosa.
Un giorno io e il mio amico Francesco abbiamo deciso di giocare una carta molto importante: la Carità. Abbiamo raccontato ai ragazzi del San le nostre esperienze di missione in mezzo ai poveri del Perù, del Brasile e del Mozambico. Parole e immagini che descrivevano i luoghi, le persone incontrate e le loro sofferenze, ma soprattutto raccontavano cosa era cambiato dentro di noi: stare in mezzo ai poveri ci ha fatto vivere l’urgenza di regalare per restituire alla vita tutta la ricchezza ricevuta.
I ragazzi hanno ascoltato con molta attenzione le nostre parole, si percepiva una concentrazione particolare. Poi è arrivata la nostra proposta: “il gruppo deve fare qualcosa per gli altri, dobbiamo sporcarci le mani e inventare qualche iniziativa per dare un aiuto concreto a chi ha molto più bisogno di noi”.

Avevamo fatto breccia: proprio dai ragazzi più inadeguati e “lontani” dai cammini ecclesiastici è arrivata la risposta più generosa. Youness fu uno dei primi a metterci la firma: “io ci sto, voglio fare qualcosa per i poveri”. Poche parole, ma chiare. L’appello fu raccolto all’unanimità. Tutti erano decisi a impegnarsi.

Da quel giorno fare la carità è diventato un impegno serio, una missione comune e un’iniziativa seguiva l’altra: siamo andati fino a Bologna per aiutare altri giovani a fare un volantinaggio, abbiamo allestito un mercatino dell’usato in una struttura ceduta in comodato d’uso dal tribunale, abbiamo raccolto le olive ad Ascoli Piceno, sgomberato cantine, venduto arance, curato giardini e altro ancora. Le offerte raccolte da queste attività si sono trasformate in sostegno ai più bisognosi. Africa, America Latina, Caritas, non importava la destinazione, ma l’idea di fare e donare il proprio tempo.
In questo modo la carità è diventata un punto centrale del nostro stare insieme. Per non piegarci solo su noi stessi, ma per prenderci a cuore chi sta peggio di noi.

Mi rendo conto che è difficile stare con questi ragazzi e accompagnarli. Stanno percorrendo un cammino che spero li conduca ad essere uomini in gamba e a esprimere il meglio di sé. Ma a volte ti chiedono tanto. Vogliono essere i protagonisti della loro storia e guardano il mondo con una curiosità spasmodica. Pur di farsi notare a volte compiono gesti ridicoli, usano un linguaggio sprezzante, sfidano chiunque e a qualunque costo. Invadono territori. Ma se li avvicini, uno per uno e li ascolti. Se li guardi negli occhi veramente. Ti accorgi che sono piccole creature di Dio in cerca di amore. Quello vero, che non si consuma, che non ha limiti e non finisce. Mai.


Di Matteo Donati

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