Se vuoi
incidere il cuore dei ragazzi devi proporre esperienze forti. La mediocrità e
il qualunquismo si possono trovare ovunque: al bar, sui social, in discoteca.
Anche l’amicizia e le gite in montagna devono avere un collante più forte,
altrimenti prima o poi verrà a mancare qualcosa.
Un giorno
io e il mio amico Francesco abbiamo deciso di giocare una carta molto
importante: la Carità. Abbiamo raccontato ai ragazzi del San le nostre
esperienze di missione in mezzo ai poveri del Perù, del Brasile e del
Mozambico. Parole e immagini che descrivevano i luoghi, le persone incontrate e
le loro sofferenze, ma soprattutto raccontavano cosa era cambiato dentro di
noi: stare in mezzo ai poveri ci ha fatto vivere l’urgenza di regalare per
restituire alla vita tutta la ricchezza ricevuta.
Avevamo
fatto breccia: proprio dai ragazzi più inadeguati e “lontani” dai cammini
ecclesiastici è arrivata la risposta più generosa. Youness fu uno dei primi a
metterci la firma: “io ci sto, voglio fare qualcosa per i poveri”. Poche
parole, ma chiare. L’appello fu raccolto all’unanimità. Tutti erano decisi a
impegnarsi.
Da quel
giorno fare la carità è diventato un impegno serio, una missione comune e
un’iniziativa seguiva l’altra: siamo andati fino a Bologna per aiutare altri
giovani a fare un volantinaggio, abbiamo allestito un mercatino dell’usato in
una struttura ceduta in comodato d’uso dal tribunale, abbiamo raccolto le olive
ad Ascoli Piceno, sgomberato cantine, venduto arance, curato giardini e altro
ancora. Le offerte raccolte da queste attività si sono trasformate in sostegno
ai più bisognosi. Africa, America Latina, Caritas, non importava la
destinazione, ma l’idea di fare e donare il proprio tempo.
In questo
modo la carità è diventata un punto centrale del nostro stare insieme. Per non
piegarci solo su noi stessi, ma per prenderci a cuore chi sta peggio di noi.
Mi rendo
conto che è difficile stare con questi ragazzi e accompagnarli. Stanno
percorrendo un cammino che spero li conduca ad essere uomini in gamba e a
esprimere il meglio di sé. Ma a volte ti chiedono tanto. Vogliono essere i
protagonisti della loro storia e guardano il mondo con una curiosità
spasmodica. Pur di farsi notare a volte compiono gesti ridicoli, usano un
linguaggio sprezzante, sfidano chiunque e a qualunque costo. Invadono
territori. Ma se li avvicini, uno per uno e li ascolti. Se li guardi negli
occhi veramente. Ti accorgi che sono piccole creature di Dio in cerca di amore.
Quello vero, che non si consuma, che non ha limiti e non finisce. Mai.
Di Matteo
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