martedì 12 febbraio 2019

LA PARTITA - capitolo 5/10 - Neve


Io ero alla guida di un vecchio furgone nove posti mentre il mio amico Francesco conduceva la sua macchina. Carichi di ragazzi stavamo viaggiando verso la nostra prima grande avventura: raggiungere la vetta del Monte San Vicino, ormai ricoperta di neve, a 1480 metri di altitudine. E’ difficile descrivere a parole il grado di eccitazione che si respirava: sembrava di accompagnare dei bambini al Paese dei Balocchi. D’altra parte era la prima volta che il gruppo viveva un’esperienza del genere. Non avrei mai creduto che una semplice gita in montagna si sarebbe potuta trasformare in un atto di libertà. 
Ogni tanto le ruote del furgone slittavano, soprattutto sui tornanti, rendendo il viaggio ancora più elettrizzante, ma alla fine siamo riusciti a raggiungere il luogo adatto in cui posteggiare. Toccare il soffice manto, lanciare e schivare palle di neve, mangiare al volo i fiocchi che come piume cadevano dal cielo. Tutto era tornare bambini. Condividere gesti semplici. Così, dopo aver indossato un minimo di equipaggiamento iniziammo la salita, in fila indiana. I fumi del freddo che uscivano dalle bocche scandivano l’emozione di raggiungere la meta tanto attesa. Dopo quasi un’ora di cammino, completamente avvolti nel bianco di un paesaggio fiabesco, riuscimmo a intravedere l’enorme croce di ferro posta in vetta. A quel punto i muscoli si sciolsero. A ogni passo gli scarponi affondavano e il vento gelido non ci risparmiava, ma la voglia di toccare la croce era più forte della fatica. Il cammino sull’ultimo tratto di montagna divenne corsa e una volta in cima tutti iniziarono a saltare e a esultare. Ce l’avevano fatta. Avevano toccato la croce, spostando il limite delle loro possibilità verso un livello mai provato prima.
Tra abbracci e spintoni qualcuno, rivolto verso l’infinito, gridò a tutto fiato: “Siamo liberiiii!” Fu un momento davvero indimenticabile. Mi convinsi ancora di più che il nostro doveva essere un cammino totale, che inglobava tutta quanta la vita, non solo un pezzetto. Avevo in testa in modo chiaro solo la direzione, cioè camminare verso quella croce, ma non conoscevo né formule né ricette per arrivarci. Sentivo però che se volevo entrare nei loro cuori dovevo iniziare da me stesso, cioè dovevo parlare con la mia vita, non con le chiacchiere. Volere bene con i fatti e fare in modo che anche loro lo sentissero.
Restammo sulla vetta pero pochi minuti poi fummo costretti a iniziare la discesa a causa di un principio di tormenta. Avevamo portato anche delle padelle di plastica, così nei tratti più liberi del sentiero ci lanciavamo a grande velocità.
Se in molte occasioni il loro comportamento da ragazzi “selvaggi” mi demoralizzava e mi interrogava sul fatto che potesse non valerne la pena, quella gita sulla neve fu per me una prova che il nostro stare insieme avrebbe portato buoni frutti. Dovevo avere tanta pazienza, ma non mollare di fronte alle difficoltà o alle delusioni. Prima o poi, pur non sapendo bene quando e come, sarebbero arrivate delle risposte.

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