Ti ho riconosciuto in tv. Alto, biondo, fisico atletico. Yaroslav, amico e fratello mio, sei sicuramente tu. Non ci posso credere. C’è una telecamera che ti riprende e stai parlando con la tua bambina, faccia a faccia. Tua moglie ti stringe forte la mano. Forse state per dirvi addio, ma non vuoi pronunciarla nemmeno per scherzo quella parola così orribile. E giuri che prima o poi tornerai da loro. Abbracci forte tua figlia, avrà 5 o 6 anni ed è bellissima. Un fiore di campo, unico e fragile. Hai gli occhi stretti di uno che vuole fare il duro. Fai l’uomo coraggioso, fiero di essere ucraino e pronto a tutto per difendere ciò che ami...
Ricordi quando ci siamo conosciuti?
Avevamo entrambi dieci anni e sei venuto a casa mia per alcuni mesi.
Legambiente aveva aperto un canale umanitario per bambini colpiti dalle
radiazioni tossiche e i miei genitori avevano dato la disponibilità per
ospitarti. Sei arrivato magro e pallido. Nella tua valigia scarna, un pesce
essiccato, una matrioska e un porcospino di vetro. Il dono che i tuoi genitori
avevano scelto per noi. Un tesoro simbolico per dirci grazie per quello che
state facendo. Avevi gli occhi pieni di fame e tanta voglia di giocare. Ti
piaceva il calcio e arrampicarti sugli alberi. Per questo abbiamo imparato subito
a parlare la stessa lingua: italo-russo-gestese. Una lingua spontanea che
unisce tutti i bambini del mondo. Che non guardano al colore della pelle, alla
cultura di origine o agli interessi, ma sanno condividere il pane quotidiano,
la casa, la camera da letto, i giochi e i sorrisi. Abbiamo persino imparato a
litigare, ma anche a fare la pace dopo due minuti.
Questa volta sono io che devo
dirti Grazie. Per il tuo esempio e la tua forza. Perché non ti sei mai arreso,
nonostante la vita ti abbia messo a dura prova da sempre. Adesso l’inquadratura
si è allargata. La tua bimba e tua moglie sono sul pullman in partenza e mi
vengono dei dubbi: sei davvero tu Yaroslav, fratello e amico mio? O sei uno dei
tanti eroi che hanno scelto di resistere a Kiev? Non lo so, ma non importa. Mi
piace immaginarti così. L’operatore inquadra da vicino una mano grande che si
allarga sul vetro del finestrino e si sovrappone a una mano più piccola. Un’altra
manda baci mentre le distanze diventano inesorabili. Il significato è chiaro:
qualunque cosa accadrà non è un addio. Prima o poi vi riabbraccerò, ma adesso va
piccola mia, il tuo papà deve mantenere le sue promesse.
Matteo
Nessun commento:
Posta un commento