Nell’estate del 2004 tre ragazzi
che all’epoca avevano 19 anni, accompagnati da un sacerdote, decisero che era
giunto il momento di partire in missione per regalare un po’ del loro tempo ai
poveri. Destinazione Encañada, Perù, a più di tremila metri di altitudine sugli
altipiani andini. Si accorsero subito che la gente che popolava quei villaggi
sperduti era molto povera e da anni nessuno parlava più loro di Gesù, ma gli
occhi di tanti bambini erano vispi e pieni di speranza e la gente bussava
continuamente alla porta della parrocchia per chiedere qualcosa da mangiare.
Per usare un’espressione comune, ma efficace, era necessario cominciare da zero.
Così quella che doveva essere un’avventura di alcuni mesi si trasformò in un
promessa...


In questo modo iniziò la storia
della prima missione dell’Oratorio don Bosco: stando in mezzo ai ragazzi di
Encañada e sognando per loro un futuro diverso. Insieme al gioco, alla carità e
al messaggio evangelico nacque l’idea di dar vita a una scuola per insegnare un
mestiere che unisse le loro spiccate capacità manuali a uno spirito paziente e
abituato al silenzio delle montagne. La Provvidenza ha voluto che oltre alle
basi di falegnameria e intaglio del legno i ragazzi si specializzassero nella
tecnica del mosaico: e proprio come avviene nei disegni che solo Dio sa ideare,
con il passare del tempo l’arte di quelle “povere piccole mani” è stata notata
dal più grande mosaicista vivente, Padre Marko Ivan Rupnik, gesuita, direttore
dell’Atelier d’Arte del Centro Aletti di Roma. L’incontro con Rupnik ha
inevitabilmente segnato una svolta per la vita della scuola d’arte e dei
ragazzi che guidati dai missionari italiani hanno iniziato a realizzare opere
destinate a decorare chiese in varie parti del mondo (vi è un esempio anche in
Italia, nel santuario calabrese di Paravati dedicato a mamma Natuzza).

Ma uno dei sogni più belli si
realizzerà proprio in questi giorni perché sarà Papa Francesco in persona, che
nel corso della sua visita in Perù celebrerà la messa utilizzando gli arredi
sacri realizzati proprio all’ Encañada (sede, ambone, e altare). Si può solo
immaginare la soddisfazione e la gioia dei ragazzi quando le televisioni di
tutto il mondo daranno luce a quei legni bianchi adornati di mosaico. Forse
qualcuno di loro ricorderà il giorno in cui tutto ebbe inizio: con un pallone,
un pezzo di pane, un prete e tre ragazzi venuti da lontano; ancora parlavano
male la loro lingua, ma scandivano bene il nome di Gesù, perché se conosci Lui,
dicevano, la tua vita cambia per sempre.
Matteo Donati
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