lunedì 30 settembre 2013

9 - IL MAGAZZINO DEI VESTITI

Il magazzino dei vestiti è uno dei luoghi più frequentati di Basùra. Ne sanno qualcosa le persone che abitano da quelle parti e che ogni volta che mi incontrano colgono l’occasione per ricordarmi che è giunta l’ora di farla finita: dicono che bisogna spostare il magazzino da un’altra parte perché chi lo frequenta trasforma tutta la zona in un Far West. C’è una signora anziana molto a modo che sta proprio lì di fronte e che spesso si fa portavoce delle lamentele del vicinato. Non è contraria al fatto che vengano distribuiti indumenti ai bisognosi, ma lo è al fatto che lascino montagne di immondizia, facciano i loro bisogni sui muri o tra le macchine, tanto che certi odori entrano persino dentro gli appartamenti attraverso le finestre; dice che è inaccettabile che ogni volta che piove tutti si riversino sotto il suo ingresso che è riparato o che addirittura per quanto sono numerosi invadano la strada stretta a senso unico, impedendo il normale flusso delle auto. Di questo passo saranno costretti a fare un appello al  Sindaco. Addirittura si rischia di svalutare i prezzi degli immobili perché nessuno comprerebbe casa in un luogo così degradato. Come dargli torto?

 
Un giorno passavo per caso davanti al magazzino. Appena imboccato la strada mi ero immediatamente accorto che stava succedendo qualcosa: davanti alla struttura c’era un sacco di gente, il che è una cosa normale, ma erano tutti in fermento; in più c’era una pattuglia dei vigili urbani. Ecco, ci risiamo – ho pensato. Mi sono avvicinato per capire cosa stava succedendo, ma più avanzavo, più avevo la sensazione di addentrarmi in un accampamento multietnico. C’erano zingari dappertutto, donne africane che trasportavano sulla schiena i loro piccoli avvolti in fasce colorate, rumeni con le scarpe lucide, moldavi, albanesi, marocchini, tunisini, algerini, qualche italiano forse…e una gran confusione. Ai lati della strada era pieno di sporcizia, cartacce, lattine di birra, stracci, qualcuno ascoltava musica da una radio che gracchiava fastidiosamente. Sono rimasto senza parole, era una situazione davvero surreale. Gli uomini e le donne in divisa non sapevano cosa dire. Qualcuno aveva chiesto il loro intervento perché ormai la strada era bloccata dalla folla e c’era un gran chiasso. Tutti che lasciavano i loro rifiuti in giro senza aver cura di chi abitava lì intorno. Nello sguardo dei vigili si leggeva un certo imbarazzo: cosa dovevano fare? Farli stare tutti zitti? Allontanarli? Fare la voce grossa? Per di più la loro presenza aveva ulteriormente irritato gli animi di alcuni spocchiosi che non trovavano nulla di strano in quello che stavano facendo. Cosa abbiamo fatto di male? Cosa volete da noi? – urlavano e si accusavano a vicenda di aver provocato tutto quel casino. Le nigeriane davano la colpa ai Rom, alcune donne dell’est puntavano il dito contro un gruppetto di barboni mezzi ubriachi, i nordafricani si dicevano estranei a tutto. Alla fine, per far sì che la cosa non degenerasse, siamo stati costretti a tener chiuso il magazzino. La parte più difficile è stata spiegare a tutta quella gente che stava in fila in attesa di entrare che il rispetto è una cosa importante e bisogna metterlo in pratica. I nostri locali sono aperti a tutti, di qualsiasi parte del mondo, ma tutti devono stare alle regole. Se queste non vengono rispettate non possiamo più garantire i servizi. Ci sono voluti alcuni minuti, qualche insulto a me e alla polizia, ma piano piano la gente si è allontanata raccogliendo le proprie cose da terra. Sulla via è tornata la calma.
 
Purtroppo anche dentro al magazzino dei vestiti si sono verificati alcuni episodi spiacevoli. I volontari che prestano il loro servizio gratuito e distribuiscono abiti ai bisognosi sanno bene che una delle armi più importanti da avere sempre addosso è la pazienza. C’è sempre chi non si accontenta e vorrebbe avere tutto ciò che gli piace, ma se si vuole soddisfare tutti bisogna mettere dei limiti e suddividere il materiale in modo tale che nessuno torni a casa a mani vuote. Quando qualcuno si mostra prepotente e arrogante è necessario mantenere la calma, far ragionare, ma a volte non basta. Ricordo che una mattina mi chiamarono con urgenza perché una volontaria era rimasta ferita in seguito a un’aggressione. Sono corso immediatamente. Il Centro di Ascolto si trova a cento metri di distanza dal magazzino. Quando sono arrivato lei era tutta spaventata, rossa in volto, le usciva del sangue da una gamba. Alcuni volontari cercavano di calmarla. Tutto è accaduto velocemente: un signore che lei stava servendo voleva a tutti i costi tre giubbotti; lei aveva cercato di spiegare che non era l’unico ad averne bisogno e che doveva accontentarsi di uno, ma il suo rifiuto non è stato accolto. Proprio per niente. Ci sono delle pesanti cattedre di legno che i volontari utilizzano per appoggiare le cose, quel signore ne ha presa una con le mani e dopo averla sollevata gliel’ha gettata addosso. Poi ha afferrato la volontaria per il collo insultandola e minacciandola. Le persone che si trovavano vicino sono intervenute immediatamente e lui si è allontanato con un atteggiamento incredibilmente freddo e fiero, lasciando cadere per terra tutte le cose che aveva. Sono intervenuti i Carabinieri. Ovviamente l’aggressore è stato rintracciato e denunciato. Oggi si trova in galera a scontare una lunga serie di reati.
 
 

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