lunedì 21 gennaio 2019

LA PARTITA - capitolo 2/10 - Zino


Mezz’ora di tempo per fare le squadre, insulti in diverse lingue del mondo, qualche bestemmia e ogni minima cosa usata come pretesto per litigare. Ecco il quadro della prima partita ufficiale. Però devo ammettere che è stato divertente e dietro alla dura scorza di quei giovani così pieni di energia si percepiva un forte senso di appartenenza. Quel legame tipico di chi è cresciuto in situazioni difficili e che ha dovuto imparare a difendersi in fretta, sapendo di poter contare solo su un pugno di amici. Infatti, se li guardi bene, senza distrarti, gli occhi dei ragazzi non ingannano mai...
 Più li osservavo giocare, più emergeva la fotografia del loro quartiere: i palazzi popolari del San Giuseppe di Jesi. Una babele di lingue e di culture fuse in mosaico di idee e modi di pensare. In tutto questo loro amavano definirsi “i ragazzi del San”, per rimarcare ancora di più le loro radici. Tutti nati in terra italiana dunque, alcuni di origini meridionale, altri con genitori del Marocco o dell’Albania, Algeria o Costa d’Avorio, Nigeria o Tunisia. Cristiani, mussulmani, atei. Italiani insomma. O mezzi italiani? Di sti tempi certe definizioni sono in divenire. Comunque usavano un linguaggio tutto loro, davvero originale. Una fusione di dialetto marchigiano, arabo e siciliano; una sorta di codice segreto per capirsi senza farsi capire. Quasi tutti pluribocciati a scuola, oltre al calcio il loro sport preferito era fare danni alle strutture della parrocchia. Infatti il parroco stesso, dopo l’ennesimo atto vandalico, alzò bandiera bianca e disse: “bisogna fare qualcosa, sennò tra poco li troviamo in galera perché ce li sbatte la polizia o all’ospedale perché ce li mando io”.
Avevo la sensazione che quei ragazzi dovessero soltanto incanalare le loro energie verso qualcosa di buono. Gridavano il bisogno di appartenere a qualcosa o di essere voluti bene. Per questo decisi di buttarmi. Fu questione di un attimo. Se è vero che cercavo un segno, attraverso loro forse era arrivato. Decisamente.
Così dopo due ore di match senza esclusione di colpi arrivò il momento della merenda. Avevo portato un paio di crostate e qualche bibita. Doveva essere un momento di relax, invece si trasformò in un delirio: alla vista dei dolci i ragazzi si lanciarono come belve verso il vassoio che volò per aria tra cazzotti e spintoni. Non ci volevo credere. Un disastro. Non avevo mai assistito a una scena simile. Tant’è che Zino, uno degli elementi di spicco della banda, si arrabbiò molto e offeso rinunciò alla merenda. “Non vedi?” mi urlò. “Siamo degli animali!”
Bene pensai, qui si parte dal livello zero: imparare la differenza tra l’uomo e la bestia. Ci fu una frase che mi tornò in mente. L’avevo sentita mille volte, ma in quel momento mi risuonò fortemente: “La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo”. Sentivo che poteva trasformarsi nel sogno di aiutare quei ragazzi a riscattarsi e a vivere una vita diversa. Non più da “riserve” o da “scarti”, ma da titolari in campo.

Matteo Donati

1 commento:

parasikeler ha detto...

JT Casino: Homepage - Official Website of JTG Casino, Inc
Welcome to JTG Casino, 과천 출장안마 Inc. Homepage with info 강릉 출장안마 on jobs, 부천 출장안마 government 진주 출장안마 and other 용인 출장안마 important topics such as jobs.