Tutti
lo chiamano il Matto, ovviamente non è il suo vero nome, quello non se lo
ricorda quasi nessuno. Se lo chiamano così è proprio perché è matto e se ne va
in giro a decantare frasi assurde e a sussurrare nelle orecchie bestemmie o
ingiurie contro qualcuno. Non è proprio simpatico, ha più l’aria da maniaco e
se lo conosci e ti viene incontro, solitamente devi lo sguardo o cambi strada
sperando che non venga a romperti le scatole...
Per
quelli come lui il Comune sgancia un piccolo assegno mensile per infermità
mentale che non tocca nemmeno i 300 euro e quelli devono bastare. Perciò quando
è fine mese e la pensione è praticamente esaurita viene al centro di ascolto
per prendere un buono pasto poi va a pranzare alla mensa del povero.
Provo
a far finta di niente, assumo l’aria di chi ha troppe cose a cui pensare. Però
mi accorgo che mi sta fissando, tento di cambiare direzione, ma è me che vuole
anche se in questo momento io non ne ho per niente voglia. A volte ho la
sensazione di avere addosso una calamita per i casi umani.
Voglio
morire voglio morire voglio morire!
Cosa?
Voglio
morire voglio morire voglio morire!
Ti prego non è il momento, c’è un sacco di gente che mi
aspetta e che vuole parlare…
Chiedimi
come, dai, chiedimi come.
Allora non hai capito…
Chiedimelo…
Come
vuoi morire?
Non lo so, da un precipizio.
Non
dire fesserie, davvero, oggi sono molto impegnato… non ho tempo.
Voglio morire da un precipizio.
Cosa
significa? Mi stai prendendo in giro, vero?
Per impiccagione, voglio morire impiccato
sì.
Ti
prego smettila, certe cose non si dicono neanche per scherzo. Faccio finta di
non aver sentito.
Mi impicco sulla Statale.
Scusa,
ma… posso sapere perché?
E’ un posto bello!
E
la Statale ti sembra un posto bello? Ma dopo ti vedono tutti, le gente passa,
non sta bene.
Mi impicco a un albero sulla Statale.
Lascia
perdere.
Oppure mi butto sotto un’Eurostar.
…
Ho paura.
E
di cos’hai paura?
Si può sopravvivere.
Guarda
che non si sopravvive, è molto difficile… rimani a pezzi un po’ sparsi
dappertutto.
Si sopravvive e si rimane a metà.
Se
lo dici te… per me è meglio vivere, così ti togli anche il pensiero.
Ho paura lo stesso.
A
me fanno più paura le cavolate che spari.
Oppure potrei provare con la benzina…no,
è una morte troppo dolorosa sarei un sadico masochista.
Già.
Provaci te!
E
io cosa c’entro sei tu che vuoi morire, non io. Anzi ti conviene smettere di
pensarci.
Voglio morire con te.
Oddio,
perché proprio con me, scusa?
Perché si, voglio morire con te.
Grazie,
troppo gentile.
Schiavo non sono di questa tua vana
gelosia.
Come?
Schiavo non sono di questa tua vana
gelosia.
…?
Dobbiamo liberarci del corpo.
Perché?
Bisogna spezzare le catene della carne.
Hai
finito?
Si.
Grazie.
Ciao.
Ciao.
Qualche
mese dopo, più o meno alla stessa ora,
ripercorro il medesimo tratto di strada. Apro il giornale per dare un’occhiata
alle notizie e leggo.
23 agosto 2012 – Ha deciso di farla
finita. Senza un biglietto senza una spiegazione. Si è impiccato in casa, in
via Falcone. F.F. detto il Matto, 52 anni, celibe, una vita difficile per un
equilibrio psichico non sempre facile da mantenere, è stato trovato senza vita
ieri dal fratello al rientro in casa. Sul posto è intervenuta la Polizia che ha
effettuato i rilievi di legge per accertare le fasi della morte. Non sembrano
esserci dubbi sulla volontà dell’uomo di farla finita. Il magistrato ha
disposto nel pomeriggio la rimozione della salma che verrà sottoposta domani ad
autopsia.
Non
ero intenzionato a pubblicare questa storia, ma a distanza di alcuni mesi è
successa una cosa che mi ha fatto cambiare idea. Un ispettore della Polizia mi
ha convocato in Questura per farmi alcune domande sulla vicenda. Attraverso una
serie di indagini qualcuno aveva informato il Magistrato del fatto che io ero in possesso di una
registrazione o di un documento scritto in cui il Matto dichiarava le sue
intenzioni di suicidio e che la conversazione avvenuta poteva averlo spinto ad
agire. La cosa mi ha messo in imbarazzo, ma anche sorpreso per tanti motivi.
Soprattutto mi sono chiesto come gli inquirenti fossero venuti a conoscenza di
quel dialogo e del fatto che io lo avessi poi trascritto. Mi sono stati
descritti dei dettagli. Ho sospettato persino di alcuni miei collaboratori
perché ne avevo parlato con pochissime persone. Mi dispiace non aver conservato
i miei appunti. Li ho persi proprio perché non gli avevo dato importanza.
Quello che ho riportato l’ho ripescato dalla mia memoria.
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