venerdì 21 settembre 2012

SULLA MORTE DI EMANUELE SMACCHIA

Pochi giorni fa ad Acqualagna una madre ha scoperto in cucina il cadavere di suo figlio ormai privo di vita. Aveva 23 anni, un ragazzo come me. Morto per overdose. E’ semplicemente assurdo. Appena ho letto la notizia sui giornali sono rimasto sconvolto, anzi dentro di me sentivo più che altro rabbia. Non è possibile che la sua vita sia finita in quel modo...
La vita che è la cosa più preziosa che abbiamo, che ci è stata regalata per poter essere felici, per trasformare quello che di per sé è già un miracolo in un’opera meravigliosa, dove ognuno può realizzarsi inseguendo i propri sogni, mettendo a frutto i propri doni. Mi sento molto triste perché non è giusto che Emanuele sia caduto in quella trappola mortale che è la droga. Anche se non lo conoscevo di persona, come suo coetaneo non posso tacere, mi devo arrabbiare contro un mondo in cui ancora succedono queste tragedie. Non può passare come mero fatto di cronaca l’immagine di un ragazzo freddato da una siringa di eroina e quella di una famiglia distrutta dal dolore e incapace di comprendere. Poi le forze dell’Ordine faranno le loro indagini e sicuramente risaliranno a coloro che vivono spacciando morte, mi auguro che lo facciano al più presto, ma il rischio è che ci si dimentichi in fretta. Intanto in dieci giorni è la seconda volta che succede nel nostro territorio. E’ la seconda volta che una vita se ne va troppo presto. Ci deve mettere in guardia. L’appello è prima di tutto a noi ragazzi, non è uno slogan, è un grido disperato: vale la pena vivere!

di Matteo Donati pubblicato ne "Il Messaggero"

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