mercoledì 15 agosto 2012

L’OMICIDA

   
Ci sono storie che mi mettono paura. Mentre le ascolto mi vengono i brividi lungo la schiena e una sorta di solletico dentro gli occhi. Per non piangere devo guardare da un’altra parte, lontano da quello sguardo. Non so come, ma mi viene da entrare dentro le persone: nelle scarpe in fuga dalla Polizia, nelle mani che hanno rubato e malmenato, nei panni sudici e fradici, nelle cicatrici della pelle.
    Le storie che vengono dal basso, dalla spazzatura, da Basùra mi prendono con forza e mi trascinano nelle tenebre. E’ lì che viene fuori la paura.
    Anche la storia di Mario ha origine nelle tenebre e non mi esce più dalla testa. Vedo del sangue, il buio totale; vedo il vuoto e bolle di terrore pronte a scoppiare.
    Mario ha ucciso un uomo. Lo hanno deciso tre colpi di pistola: uno in fronte e due in pieno petto.
    In pochi istanti la sua vita è cambiata e quella di un altro uomo è finita. Quando Mario mi racconta il suo dolore sono passati tanti anni da quegli spari, ma il suo ricordo è nitido e la sua voce parla così: “ da ragazzo ero una vera testa calda e avevo tanto coraggio. La mia eccessiva imprudenza mi ha portato a commettere brutti errori e a fare scelte sbagliate. Un uomo mi doveva parecchi soldi per una partita di droga pregiata. Cocaina venezuelana purissima. A quei tempi giravo armato perché essendomi cacciato in un giro pericoloso dovevo potermi difendere in ogni momento senza abbassare mai la guardia. Arrivai a casa sua verso sera, la luce del sole si stava spegnendo. L’uomo abitava vicino a un grosso centro commerciale. Suonai il campanello, bussai più volte al portone, ma nessuno si decideva ad aprirmi: mi aveva tirato il pacco e io ero furioso. Quei soldi mi servivano a tutti i costi. Dovevo ancora pagare il fornitore e in più avevo qualche debito da saldare.
    A un certo punto, quando ormai mi ero rassegnato e stavo per andarmene sentii qualcuno venire verso di me. Avevo un faro puntato sugli occhi e proprio mentre mi si parò davanti a circa venti metri di distanza non fui in grado di identificarlo.
    L’uomo disse con voce calma “Cosa ci fai qui?” Pensai a un imboscata e in quel momento ebbi paura. Non so come, ma quando mi accorsi che anche lui aveva una pistola tirai fuori la mia e sparai tre volte. Bum. Bum. Bum. Senza pensare. Un flash. Poi il niente. Scappai più forte che potevo, ma in poche ore le forze dell’ordine mi vennero a prendere e mi informarono che avevo ucciso un guardiano notturno in servizio al centro commerciale. Avevo segnato il destino di un uomo che non centrava proprio nulla e squarciato la serenità di una famiglia che vidi soltanto una volta, quando il giudice proclamò la mia condanna: vent’anni senza libertà. Due decenni in carcere non finiscono mai e quando esci non hai più nulla. Non hai più nessuno.
    Stai invecchiando e devi ricominciare tutto da capo.”
    Guardo Mario dritto negli occhi sento una sorta di solletico dentro gli occhi,sono costretto a guardare da un’altra parte e ho pena per lui. Sa di aver sbagliato e non scorderà mai quello che ha fatto, ma sta cercando un’altra possibilità. E’ una persona attiva, lavora, convive con la sua solitudine cronica, ma non si arrende.
    Percepisco in lui un animo buono che ha combattuto una lunga guerra e che adesso vuole solo un po’ di pace.
    Ha sbagliato. Ha pagato. Ha chiesto perdono.
    Quanto costa il suo peccato?

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